il GIORNO della LAUREA

Una coppia di quasi 45 anni,
un figlio di 22 anni nel giorno della sua laurea
e una sconvolgente verità con cui confrontarsi.

 
Ne 'Il Giorno Della Laurea' ci troviamo di fronte all'inaudito proposito di un figlio che invita i genitori a non partecipare alla propria seduta di laurea per motivi a dir poco inconcepibili, svelando loro qualcosa di totalmente inaspettato con cui confrontarsi.
Con toni che passano dall'apparente commedia al dramma claustrofobico (e viceversa), i due vengono messi di fronte alla necessità di prendere, e in fretta, una decisione su cosa fare e come farlo.
La prolungata crisi mondiale costringe a fare i conti con problemi enormi ma a questa coppia di prototipi della media borghesia occidentale l'imminente laurea in economia a pieni voti del loro unico figlio apre le porte alla speranza.
La speranza che lui possa salire la scala sociale ma anche la speranza che possa permettere loro, dopo gli enormi sforzi profusi per garantirgli la migliore istruzione possibile, di emanciparsi dalla situazione nella quale si sono venuti a ritrovare nonostante i loro buoni valori, buoni comportamenti e buoni propositi di tutta una vita.
Ma il figlio della coppia, futura classe dirigente, nonostante capacità e opportunità, non si riconosce nei modelli della società occidentale, soprattutto in termini di giustizia ed uguaglianza sociale.
E poi, ama un brano musicale che i suoi genitori non conoscono ma che saranno costretti ad ascoltare, ascoltare ed ascoltare...

Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale
Virus Teatrali
“IL GIORNO DELLA LAUREA”

testo | regia
GIOVANNI MEOLA

 
con
Cristiana Dell’Anna
Enrico Ottaviano
 
scenografia | Luigi Ferrigno
costumi | Annalisa Ciaramella
ass.te alla regia | Napoleone Zavatto
 
realizzazione scene | Armando Alovisi
foto di scena | Marco Ghidelli
ass.te scenografo stagista | Fabio Marroncelli
ass.te costumista | Carmine Tulipano
 
direttore di scena | Alessio Cusitore
elettricista | Angelo Grieco
fonico | Alessandro Innaro
 
delegata di produzione | Marzia D'Alesio
 
durata 60’
testo sottoposto a tutela SIAE
atto unico già tradotto in inglese e spagnolo

 
debutto assoluto nazionale
sala Ridotto del Teatro MERCADANTE (Teatro Nazionale-NA) | 26 Aprile 2016

estratti Rassegna Stampa
 
“Parossistico come mai prima d’ora Giovanni Meola, nel suo atto unico, propone un compendio della crisi estrema del nostro tempo, svelando tutti i vulnus che affliggono l’attuale generazione di quarantenni, alle prese con la fragilità strutturale delle proprie esistenze. Lo scenario iniziale si apre quindi a una dimensione universale ma con una sorpresa finale destinata a rendere ancora più grottesco un climax segnato dal cinismo assoluto. La scrittura è fluida, la prova degli attori anche, mentre sempre più remota appare la palingenesi di un mondo che Meola condanna senza appello.”
(Corriere della Sera-Corriere del Mezzogiorno-Stefano De Stefano)

“Ritratto di borghesia con striature di rosa, ma che non servono ad addolcire la pillola, piuttosto a far risaltare il ‘nero’ in maniera ancor più evidente. È un testo duro, Il Giorno Della Laurea, che non fa sconti a nessuno, strappa la maschera alla borghesia media, normale, benpensante, e la inchioda alle proprie responsabilità. Nel finale, la normale coppia di coniugi si dimostrerà capace di fagocitare, inglobare e digerire tutto. Gli attori, chiamati all’ingrato compito di rappresentare la mostruosità dell’essere normali, attraverso una recitazione ‘a sottrarre’, contenuta e, in questo senso, ancora più evocativa, offrono un’ottima prova. Il pubblico riempiva ogni ordine di posti a testimoniare la necessità di promuovere una scrittura teatrale che parli i linguaggi della contemporaneità affinché lo spettatore possa ancora percepire la funzione del teatro come specchio (a volte oscuro) della propria esperienza esistenziale.”
(Teatro Cult-Antonio Tedesco)

“I testi di Meola hanno sempre diversi livelli di lettura, sono un gioco di richiami tematici che riprendono, accavallano, superano, ritornano nelle parole e nei gesti dei personaggi, nelle situazioni, nelle suggestioni. Le scelte di regia sono sapienti, in bilico tra essenziale, stilizzazione, simbolo e realismo. Gli splendidi interpreti costruiscono due personaggi che vivono tra realismo e farsa, realismo e surreale, realismo e simbolo, attraverso una recitazione gestuale e verbale che passa dalla farsa (grottesca) al realismo drammatico. Il testo-spettacolo è un percorso sull’ossessione del recupero dei primi tempi, sul recupero della felicità attraverso un dramma inaspettato, un assurdo che chiama in causa la crisi dei valori fino a un finale disincantato con lo spettatore sconvolto perché comprende che, in fondo, di quel Marito e quella Moglie, forse, aveva un’idea sbagliata.”
(Effetto Napoli #2-Armando Rotondi)

“Drammaturgia della crisi, Il Giorno Della Laurea della crisi inteatra uno scenario possibile che evolve in iperbole. Una storia semplice che assume un modo accattivante d’essere raccontata grazie ad una regia metodica e rigorosa che opera scelte precise e ben consapevole dei propri intenti, suffragate da un disegno luci semplicemente molto bello. La scena ‘parla’: un tavolo al centro del quale è conficcato un pilastro che la separa in due è allusivo della separazione fra i coniugi ma parimenti simbolico dell’unico elemento di unione, quel figlio ‘pilastro’ che non comparirà ma aleggierà in forma di missiva e su cui poggiano le speranze genitoriali di un futuro migliore. Sullo sfondo due linee di luce grigia, perpendicolari, che sembrano fungere da coordinate cartesiane di un’esistenza che scorre normale fino all’irrompere di una terza linea, rossa e obliqua, in cui pare di riconoscere la figura filiale, l’elemento dissonante che scardina le coordinate valoriali piccolo borghesi. Lo spettacolo trasmette un senso di sospensione irrisolta, lasciando in bilico sulla soglia di un interrogativo morale complesso ed ambivalente.”
(Il Picwick-Michele Di Donato)

“Il reiterare, il girare attorno ad una decisione, diventa il meccanismo di base dell’intero spettacolo. L’attesa qui diventa circolo vizioso improduttivo. Si attende il da farsi ma non si agisce. Ricordando gli ambienti serrati ed alcuni elementi ruccelliani, pur lanciando un vago riferimento alla testualità del Teatro dell’Assurdo, i due protagonisti vivono la routine della decadenza trasformando la disgrazia quotidiana in una recita plastificata. Nessun altro elemento descrive l’abitazione, caratterizzata da una colonna che divide simbolicamente in due ‘tempi’, presente e futuro, il tavolo, col mondo esterno lontanissimo e il cui unico contatto è la cassetta della posta. Il giovane figlio, brillante laureando, apparentemente immagine di un futuro roseo, è assolutamente invisibile. Torna ancora una volta il tema del rapporto padri-figli, padri che sopravvivono ai figli e quest’ultimi privi di passato ma anche di futuro. Il finale è spiazzante, l’attesa rallenta fino allo spasimo per poi accelerare vorticosamente fino a spingere il pubblico a pensare che forse l’assurdità della non-azione oggi potrebbe diventare pericolosa consuetudine anche all’interno di un nucleo apparentemente inscindibile, ossia la famiglia.”
(Dramma.it-Emanuela Ferrauto)

“Un circolo vizioso dove la vittima diventa carnefice e viceversa. Ma fino a che punto il fallimento è imputabile al soggetto e non al sistema che manovra il soggetto come un oggetto ? E fino a che punto si può sopportare senza ribellarsi, senza trascendere in una ‘rivoluzione’ che possa cambiare le cose ? È quanto accade nello spettacolo di Meola, con le sue catastrofiche conseguenze, che vedono le vittime diventare inconsapevoli aguzzini pur di trovare una via di scampo dal baratro. Il motivo ricorrente è il brano Black Swan di Thom Yorke che, tradotto, è quel Cigno Nero di cui parla il figlio della coppia e che sembra ripercorrere emotivamente le vicende raccontate. Impeccabili i due attori, Enrico Ottaviano e Cristiana Dell’Anna, ‘marito’ e ‘moglie’, come continuano a chiamarsi per tutta la durata dello spettacolo, quasi a demarcare socialmente i ruoli e le mansioni rappresentate ed impersonate.”
(La Cooltura-Letizia Laezza)

“Meola è da sempre sensibile indagatore dell’animo umano, in questo caso microcosmo di un mondo ipocrita che autoimplode. Il mondo fragile di due coniugi in forti difficoltà economiche. Da vezzeggiativi melensi che grondano amore a offese terribili i due si scagliano uno cotro l’altro. E contro chi, se no ? Il finale sarà incredibilmente spiazzante, nel solco del miglior Teatro dell’Assurdo. Fa meno male il familismo amorale della famiglia stile ‘Mulino Bianco’, che farebbe qualunque cosa per sostenere i figli o il familismo ‘immorale’ di questi due genitori che farebbero qualunque cosa per la loro stessa salvezza ? È questo il paradosso di Meola, che lascia senza speranza, mostrando ferite per le quali, al momento, non vi sono guaritori. Il capitalismo avanzato è sempre più forte, con le sue regole spietate che cannibalizzano i rapporti rendendo precario tutto. Molto bravi gli attori, ottima la regia, come la scenografia essenziale e simbolica.”
(Notizie Teatrali-Maresa Galli)

“La commedia ha connotati grotteschi che portano il tutto ad essere n gioco al massacro, benché sottile. Leggendo il testo e avendo potuto seguire alcune prove mi è venuto naturale pensare a Edward Albee e al suo Chi ha Paura di Virginia Woolf? di cui Il Giorno Della Laurea sembra una variante: cosa sarebbe successo se il figlio di Martha e George, nel capolavoro di Albee, non fosse stato immaginario e avesse potuto nascere e crescere? Nel lavoro di Meola, la forza, il colpo di genio, si sviluppa attorno a un cortocircuito forte e paradossale: una coppia in crisi, in tutti i sensi, ritorna ad essere felice quando su di essa piomba una tragedia improvvisa.”
(Effetto Napoli #1-Armando Rotondi)

“L’atto unico presenta due fasi distinte, con un cambio d’atmosfera, luci e perfino costumi, a rappresentare il cambio di stato d’animo dei due personaggi. Prima, un normale quadretto di vita di una coppia, tra passioni sopite, insoddisfazioni lavorative e non, la razionalità di lei contro l’ottimismo di lui. Il tutto sullo sfondo della crisi e con tutte le loro speranze riposte nel figlio, brillante laureando. Poi, d’improvviso, succede qualcosa che li costringe ad una inevitabile e orrenda scelta. Il Giorno Della Laurea è un perfetto dramma moderno, sostenuto con maestria dai due attori che riescono a ricreare una sinergia autentica e naturale. Meola dal canto suo non si smentisce e continua a portare avanti il suo teatro e le sue opere con umiltà mostrando la ‘crisi’ in un posto come il teatro, dove la precarietà è di casa. Ripetendo quanto da lui affermato a fine spettacolo, una menzione particolare va ai tecnici senza i quali il teatro non potrebbe funzionare.”
(L’Armadillo Furioso-Mariachiara Falcone)

“Un testo ‘forte’ arricchito da un significativo sottotesto, un’abile regia e una pregevole performance dei due protagonisti: questi gli elementi che hanno legittimato i calorosi applausi tributati dal pubblico a Il Giorno Della Laurea. I due coniugi, protagonisti della storia, hanno perduto a tal punto la loro identità, a causa dei morsi della crisi, da non chiamarsi per nome ma solo ‘marito’ e ‘moglie’, sublimando le loro frustrazioni nell’imminente laurea in economia del loro unico figlio. Ma l’arrivo di una sua lettera (che li invita a disertare la seduta svelando loro una terribile verità) scombina tutto. Il cinismo dei due piccolo-borghesi prende il sopravvento sul dolore; i due aprono i pacchetti-regalo contenenti due libri, riposti prima con indifferenza tra altri libri, due libri con le pagine bianche. Forse due tabulae rasae dove scrivere la loro nuova storia.”
(Il Roma-Mimmo Sica)

“Il soggiorno di una casa moderna solo accennato da poche suppellettili, in primo piano scatole stracolme di libri. I protagonisti sono una coppia di cui non si conoscono i nomi di battesimo né la città nella quale vivono ma appartengono di certo alla nostra società occidentale e si dibattono nella crisi economica dei nostri giorni. Discussioni e litigi tra i due fino a che arriva la lettera che stravolge tutti gli equilibri: il loro unico figlio non li vuole alla seduta di laurea e lo fa in un lungo, delirante, scritto ricco di imprevedibili rivelazioni. La storia, ben costruita, si rivela una critica feroce della nostra società. Tra le migliori idee registiche la briosa scena di sesso a tempo di musica. Inaspettato e inquietante il finale amaro che sconcerta lo spettatore e lo invita a riflettere. Cristiana Dell’Anna ed Enrico Ottaviano offrono un’interpretazione moderna e calibrata che il pubblico mostra di gradire.”
(Lo Strillo.it-Valeria Rubinacci)

 
 
Foto di Scena | Marco Ghidelli 2016