IL CONFESSORE

La vicenda umana di un Parroco anti-camorra di provincia: dalle infuocate omelie alla quasi conversione di un boss; dall’inesausto lavoro per la comunità alla clamorosa chiusura della sua Chiesa che non sarà, però, priva di conseguenze da parte delle gerarchie ecclesiastiche.
Un parroco, anzi un Parrino, come si dice in Sicilia (data la sua provienenza e origine), che ha già lottato in terre di mafia ma che, sconfitto, era stato costretto ad andar via.
Per approdare in terre forse ancor più malate.

Virus Teatrali | Prima Quinta
“IL CONFESSORE”
 
testo | regia
GIOVANNI MEOLA
con
ALDO RAPÈ
 
costumi | elementi di scena
ANNALISA CIARAMELLA
ass.te alla regia
FRAN
CESCO D'AMBROSIO 
MELANINA BALSAMO
foto di scena
ALESSANDRO PONE
ufficio stampa 
GABRIELLA GALBIATI
 
durata | 55' ca.
debutto | Marzo 2014
testo sottoposto a tutela Siae
collaborazione alla produzione | Le Pecore Nere

L’incontro produttivo ed artistico tra le due compagnie indipendenti VIRUS TEATRALI e PRIMA QUINTA (entrambe con svariate produzioni e premi alle spalle) segna in particolar modo l’incontro tra il drammaturgo e regista Giovanni Meola, (Premio Girulà 2007, Premio Enriquez 2008, premi di drammaturgia e poi ancora di decine di festival e concorsi, nazionali ed internazionali, di cinema per cortometraggi), e il drammaturgo ed attore Aldo Rapè, vincitore di numerosi premi per i suoi precedenti spettacoli ma soprattutto del prestigiosissimo premio della critica ad Avignon Off nel 2012 con Mutu e, sempre con lo stesso titolo, invitato all’Italian Theater Festival 2014 ‘InScena!’ di New York.
Proporre IL CONFESSORE in una lingua misto napoletano-siciliano, date rispettivamente le origini del drammaturgo e dell’interprete, appartiene in pieno al percorso che le rispettive poetiche delle due compagnie hanno espresso finora. 

estratti Rassegna Stampa
“La messinscena, scritta e diretta con grande equilibrio e nettezza da Giovanni Meola, ed intensamente interpretata da Aldo Rapè, restituisce un inedito senso della religiosità, una vocazione diversa dall’idea che si è soliti avere della vocazione sacerdotale con la confessione che perde la sua consuetudinaria realtà di sacramento per ridefinirsi come modello di un rapporto privato e palingenetico tra confessore e confessato.”
(CorriereSpettacolo)
 
“Il Confessore ha il volto e il corpo di Aldo Rapè che, sofferto e viscerale, regala un’interpretazione superba ad un personaggio vero per la sua semplicità, per quella quotidianità che sconcerta poiché priva di tutti quei fronzoli con cui, ultimamente, si adorna la messa in scena, teatrale  e cinematografica, della lotta alle mafie.
Una scenografia scarna e simbolica e un sapiente gioco di luci esaltano il dramma di un uomo condannato dalla sua stessa vocazione.”
(Il Levante)
 
“Ciò che rende originale il progetto è l’impasto delle tre lingue che il personaggio utilizza: il siciliano delle origini, lingua della memoria e della fiducia; il napoletano, lingua della ‘deportazione’ in altra terra ma codice necessario a penetrare i recessi profondi della comunità; l’italiano più neutrale della parola pubblica e della narrazione ufficiale.
In questo gioco di slittamenti sonori e linguistici è ragguardevole la prova di Aldo Rapè, attore d’importante presenza scenica, fluido e determinato nell’affrontare le torsioni del testo e della parola.”
(Teatro.org)
 
“La storia, retta da eventi e stati d’animo, sostenuti con pienezza emotiva, basta a se stessa.
Motivazioni concrete, non ideologiche.
Ritmo e leggerezza per un argomento che facilmente potrebbe scadere in retorica.
Non accade in questa messa in scena, perché pregna del pensiero autentico di veri artisti del teatro.”
(KappaElle)
 
“L’interpretazione di Aldo Rapè colpisce per forza e precisione permettendo di immaginare, con una semplice smorfia del viso, le parole di coloro che offrono la propria confessione al parroco.
Si tratta di un lavoro di qualità che ha il pregio di offrire spunti di riflessione, più che semplicistiche risposte pret-à-porter.”
(Quarta Parete)
 
“L’alternanza dei due sistemi dialettali, espressa con destrezza da Aldo Rapè, si trasforma in un iter morale del parrino che riscatta il suo vecchio ‘silenzio siciliano’ col coraggio che ritrova attraverso una lingua che non gli appartiene. Come non gli appartiene il linguaggio ecclesiastico il cui abusato uso, estremamente formale nei riti religiosi, gli fa perdere la sua autenticità; infatti, nel corso del monologo, la citazione delle formule avviene in maniera alienata, sino a risultare automatici intercalari di fronte ai quali al personaggio restano solo tre parole, ‘Amore, Perdono e Carità’ che non è detto siano motivo di speranza.”
(Teatrionline)
 
“Il Confessore è uno spettacolo di forte impatto della durata di 50′ minuti, che procede tutto di un fiato e dove si alternano momenti di ricordi piacevoli e sgradevoli, ricordi d’infanzia e di formazione.
Uno spettacolo di denuncia, essenziale nella sua presenza scenica, che dà spazio ad uno splendido e fervido Aldo Rapè.
Spettacolo fortemente raccomandato.”
(Eroica Fenice)
 
“La recitazione di Rapé si concretizza su un registro di costante compenetrazione emozionale, vibrando del medesimo fervore con entrambe le corde che la sua voce pizzica, in napoletano o in siciliano che essa s’esprima. La sua interpretazione d’un prete che si sveste della tonaca
–via sin dalle prime battute– senza per questo abbandonare il proprio ministero, convince per tutta la durata dello spettacolo, senza cali né incertezze, animandosi di dolente passione civile.”
(Il Pickwick)

“Una scena spoglia, semplificata fino a diventare scarna, un luogo-non luogo in cui vive l’intimità del personaggio.
Un testo serrato che passa da ricordi di infanzia a riflessioni intime sui rapporti umani.”
(Il Mediano)
 
“Bravo e convincente Rapè, sciamano errante, per rue linguistiche a metà tra gramelot e spurio seme, che impasta siculo e parlesia, napoletano e “camillerese”, prestando il volto e le movenze ad un uomo votato al ‘corpoessanguediCristo’.”
(TeatroCult)
 
“Le luci sul palco si alternano alle ombre.
Durante le confessioni il parroco Rapè pare sorridere nell’ascoltare quei peccati a cui c’è la possibilità di rimediare.
Un sollievo che invece pare dissolversi con l’ascolto di peccati impronunciabili, coperti dalla musica che sembra quella della banda che attraversa il paese.”
(Spaccanapolionline)
 

 
 
Foto di Scena